Bianco, tutto bianco. Bianco come? Vinicio Capossela canta:
«Bianco l’inverno bianco, la neve bianca,
Bianca la notte
E bianca la paura è bianca»
In questa canzone intitolata “La bianchezza della balena”, del suo album tutto a tema marino “Marinai, profeti e balene”, Capossela ci rivela che il candido colore associato all’animale, è in realtà terribile. Saremmo tutti d’accordo con lui se, mettendo la testa sott’acqua, vedessimo una distesa di coralli, tutti bianchi: la morte bianca (Figura 1). Perché i coralli si sbiancano? Ma ancora prima perché i coralli sono colorati? Ma forse, prima ancora, cosa sono i coralli? Sono piante, sono animali? Tuffiamoci nel terribile bianco di Vinicio e scopriamolo insieme.
Le barriere coralline, le grandi cattedrali degli oceani, sono enormi depositi di carbonato di calcio. Il carbonato di calcio è un composto inorganico che in natura si trova sotto forma di minerali o rocce, come il marmo, e si può trovare anche disciolto nell’acqua. I mari e gli oceani sono dei grandi serbatoi di questo composto e molti animali sono in grado di sfruttare il carbonato di calcio che si trova sotto forma di sale nell’acqua e di “depositarlo”, ovvero costruire delle strutture per se stessi, le loro case. Questo processo si chiama biocostruzione e i coralli sono i principali ingegneri degli oceani. Ma se le grandi strutture colorate che vediamo sono in realtà inorganiche, dove sono gli animali che le biocostruiscono? Se nella vita siete stati abbastanza fortunati da poter osservare un corallo da vicino, avrete notato fare capolino dei minuscoli tentacoli che si muovevano: i polipi dei coralli (Figura 2). Questi animali piccolissimi in grado di costruire strutture alte come palazzi di dieci piani si chiamano polipi e non c’entrano assolutamente nulla con quelli comunemente così chiamati. Il vero nome del cosiddetto “polipo” è polpo, Octopus vulgaris il nome scientifico, un mollusco e un predatore con tre cuori e il cervello dislocato nelle braccia. I polipi dei coralli sono strettamente imparentati alle meduse, tutt’altra storia. I polipi sarebbero infatti come delle meduse attaccate al substrato al contrario, con l’ombrello capovolto e i tentacoli in fuori.
I polipi depositano il carbonato di calcio disciolto negli oceani per costruire la loro casa.
Ma per biocostruire cattedrali ci vuole molta energia. Di cosa si nutrono i polipi? Essi catturano il plancton in sospensione nell’acqua, organismi piccolissimi che i polipi riescono a mangiare grazie alle stesse cellule urticanti che ci bruciano quando veniamo presi da una medusa. Ma anche così non basta, i coralli non avrebbero abbastanza energia per costruire le barriere coralline.
La maggior parte delle barriere coralline del mondo si regge grazie agli organismi più piccoli che possiate immaginare: delle microalghe chiamate zooxantelle. Queste microalghe vivono dentro ai polipi dei coralli, hanno una colorazione giallognola e il loro nome significa “animali dorati” (Figura 3). Esse rilasciano nutrienti organici all’interno dei polipi: questi nutrienti rappresentano dal 50 al 95% del nutrimento di un polipo. Inoltre, le alghe, proprio come le piante terrestri, fanno la fotosintesi e, come sappiamo, il prodotto di scarto di questo miracolo della natura è il gas che ci permette di respirare e che ha dato origine all’atmosfera così come la conosciamo: l’ossigeno. Quindi i coralli ottengono sia nutrimento che ossigeno dagli ‘animali dorati’ che gli vivono dentro. Ma le microalghe cosa ci guadagnano? La relazione fra il polipo e le zooxantelle è definita simbiosi mutualistica: ognuno dei partecipanti alla relazione trae un suo vantaggio. In questo caso le microalghe ottengono rifugio nella struttura del polipo e si nutrono dei loro scarti. Oltre a dar loro il cibo, le alghe sono anche responsabili dei meravigliosi e variopinti colori dei coralli: marrone aranciato, rosa, verde, azzurro. Dentro le alghe, che sono vegetali, sono presenti dei pigmenti colorati, come i carotenoidi arancioni delle carote, per capirci, e sono proprio queste molecole a “colorare” i coralli. Questa perfetta, millenaria, piccolissima interazione ha creato la gigante vita così come la conosciamo ora. Infatti le scogliere coralline sono degli ecosistemi intricatissimi grazie alla loro complessità strutturale, ospitano centinaia di specie diverse e creano habitat: dei luoghi favorevoli in cui nutrirsi, riprodursi e vivere per alcune tipologie di specie.
Ora capite cosa succede ai coralli che hanno perso il colore? Sono coralli in cui le zooxantelle sono andate via. Un polipo senza le sue zooxantelle non può sopravvivere a lungo perché non ha più energia sufficiente per costruire le barriere, nutrirsi e riprodursi. I coralli bianchi sono quindi barriere coralline morte, i polipi al loro interno non ci sono più e rimangono le strutture che hanno costruito, senza accrescersi.
Perché le zooxantelle dovrebbero abbandonare il loro rifugio? Esse sono in grado di abitare i coralli solo in un intervallo di temperatura molto specifico: tra i 18 e 32 gradi centigradi. Se la temperatura dell’acqua si alza troppo le zooxantelle muoiono o cercano un altro posto più adatto a loro in cui vivere. Questo fenomeno in inglese è chiamato coral bleaching, letteralmente sbiancamento dei coralli, e può portare ad una drastica diminuzione della copertura corallina e in alcuni casi alla modifica dell’intera struttura delle comunità dei coralli, con una conseguente alterazione dell’intero ecosistema.
Il problema è che le acque del pianeta in cui viviamo si stanno riscaldando a causa del cambiamento climatico: dagli anni settanta la temperatura delle acque tropicali è aumentata di quasi 1 grado. Le nostre speranze e le nostre azioni devono rivolgersi ai governi e alle produzioni che sfruttano le risorse e gli ecosistemi, per creare consapevolezza e mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
Si stima che se le condizioni rimangono le stesse di ora, entro il 2070 le barriere coralline non esisteranno più per come le conosciamo. Quali saranno le conseguenze di questo drastico cambiamento negli ecosistemi marini? Gli equilibri della vita sono delicati, si costruiscono su relazioni lente e millenarie, non possiamo sapere se e come si ristabiliranno.
Canta intanto Vinicio:
«Capite ora la caccia feroce? Il male abominevole,
L’assenza di colore».
Bibliografia:
Douglas, A. E. “Coral bleaching––how and why?.” Marine pollution bulletin 46.4 (2003): 385-392.